In principio era l’Arte. Così potrebbe affermare Donata Lombardi, sostenendo che il suo modo di intendere la pittura sia un corrispettivo espressivo della Genesi. Forse non quella biblica propriamente, visto che la Lombardi sembra estranea a urgenze religiose troppo condizionanti, ma quella più laica dell’astrofisica, con l’inizio del tutto determinato o da un Big Bang caldo, come la maggior parte degli studiosi crede, o da una serie continua di fenomeni di contrazione e rilascio di energia che ancora non ha smesso di funzionare.
È propria quest’ultima, mi pare, la dinamica basilare al centro delle cosmiche invenzioni della Lombardi, come se ogni sua composizione fosse determinata dall’alternanza fra un momento in cui la potenza creatrice si condensa e concentra e un altro in cui invece si libera, dilatandosi esplosivamente in uno spazio che in tal modo diventa saturo di gassose espansioni, per poi decantare e dileguare, in attesa che il processo ricominci daccapo. Action Painting, lo chiama la Lombardi o chi per lei, e qui avrei i miei dubbi. Perché se ci si attiene alla terminologia critica, a ciò che si é inteso con quella formula fin dalle sue prime apparizioni storiche, legate, in particolare, alla lezione di Jackson Pollock, le affinità con la tecnica adottata dalla Lombardi non sono decisive. Dove da una parte c’é una gestualità estremizzata di cui la pittura diventa puntuale registro segnico, quasi un suo essudato, ricordando come Pollock creava, dall’altra c’é una pittura decisamente più controllata, per quanto libera di muoversi in qualunque direzione si voglia andare, con la scelta e l’intenzione espressiva, in qualche caso perfino rappresentativa, che sembrano prevalere decisamente sull’automatismo inconscio.
Semmai, a doverlo fare, si potrebbe parlare, per la Lombardi, di “Reaction Painting”, essendo l’azione non l’ineludibile presupposto gestuale della sua arte, ma elemento coinvolto in quello stato permanente di trasformazione entro cui si muovono le sue immagini che mai alludono a un inizio e una fine, vigendo un infinito divenire mai uguale a sé stesso.
La legge é sempre quella antica di Eraclito: impossibile bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Vittorio Sgarbi